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1944: i “bracciali per gli allarmi aerei”…

Anche durante la Seconda guerra mondiale la Misericordia di Firenze si prodiga accanto alla popolazione sostenendola nelle sue necessità. In mancanza di volontari operativi, in gran parte richiamati alle armi, un appassionato appello del provveditore Paolo Guicciardini riesce a fare breccia nei cuori dei “fratelli a riposo” e a farli rientrare in servizio. Quest’ultimi, nonostante la fatica e il costante pericolo in una città sotto assedio, suppliscono con spirito di abnegazione alle incessanti chiamate di soccorso.

Il 10 giugno 1940, infatti, con la dichiarazione di guerra, l’Arciconfraternita era diventata membro effettivo del piano generale di protezione antiaerea, per il quale nel decennio precedente aveva svolto con i suoi ascritti numerose esercitazioni. Su invito del Comitato provinciale della Croce Rossa provvede alla costituzione effettiva di squadre di primo intervento da impiegare in caso di incursioni o di altre necessità legate agli effetti dei bombardamenti.

Bracciale per i servizi di emergenza

Delle formazioni di primo soccorso fanno parte all’inizio 35 fratelli, ma in breve gli effettivi salgono a 60. Per lungo tempo gli ascritti, che lo ricordiamo sono tutti volontari, si alternano giorno e notte, con uno sforzo immane, che è ancora nulla se paragonato al periodo successivo. Quando fra il 1943 e l’agosto 1944 Firenze, rimasta sotto il controllo delle forze di occupazione tedesche, alleate ormai solo dei fascisti repubblicani, è in prima linea, viene ferita in più occasioni dagli attacchi aerei. Fino al 3 luglio 1944 la sirena dell’allarme suona 456 volte e i bombardamenti sono 7, alcuni dei quali particolarmente sanguinosi. L’Arciconfraternita si fa trovare sempre pronta nel soccorrere i cittadini e i combattenti.

Anche se i tedeschi non lo ammettono ancora con le parole, l’ipotesi di Firenze città aperta tramonta una volta per tutte, quando il pomeriggio di sabato 29 luglio 1944 viene affissa sui muri un’ordinanza del comando tedesco “in previsione di attacchi nemici ai ponti” che trasmette “l’ordine di sgombrare una zona prospiciente l’Arno”. Ciò costringe all’evacuazione, entro le ore 12 del giorno successivo di 150mila persone, compresi i ricoverati nell’ospedale di San Giovanni di Dio; opera di carità della quale si fa carico in massima parte la Misericordia. E’ proprio con il passaggio del fronte tra la fine di luglio e i primi di settembre del 1944 che la Misericordia vive nel cuore della città il momento più duro dell’emergenza.

In luglio e agosto tornano operativi i “cannoncini”, e non certo per combattere. Il nome indica solo le lettighe a mano ottocentesche fatte uscire dal cimitero di Pinti dopo la requisizione delle ambulanze.

“Cannoncini” a trazione umana rimessi in uso durante la Secondo guerra mondiale

Oltre ai feriti e ai morti che vengono raccolti per strada, soprattutto dopo la notte fra il 3 e 4 agosto nella quale le mine tedesche fanno saltare i ponti e i quartieri intorno al Ponte Vecchio, l’unico risparmiato perché considerato da Hitler il più artistico, e soprattutto perché a livello strategico non è in grado di sostenere il peso dei tank da 40 tonnellate, i fratelli sono mobilitati nei soccorsi alle persone colpite dai franchi tiratori fascisti e dalle schegge in generale: avanzano preceduti da una bandiera bianca con al centro una croce rossa che non sempre basta a metterli al sicuro dai colpi.

La sede di piazza del Duomo si trasforma con il dottor Mario Danti in un ospedale, mentre lungo la linea del fuoco vengono organizzati punti di soccorso avanzati. I dati confermano l’importanza del contributo offerto dall’Arciconfraternita: fra il 3 e il 23 agosto 1944, la fase più critica dei combattimenti sono assistiti in piazza del Duomo 3359 persone, le visite domiciliari sono 522, i feriti trasportati negli ospedali cittadini della zona già liberata (Careggi viene raggiunto soltanto il 2 settembre) sono 128 e 182 i morti trasportati all’asilo mortuario.

Uno slancio che rende concreto e ancora attuale grazie al valore, al coraggio e all’altruismo di questi anonimi fratelli l’emblema della Misericordia di Firenze Charitas Christi urget nos.

Duccio Moschella, capo di guardia