La Ven. Arciconfraternita della Misericordia di Firenze vanta ormai quasi otto secoli di attività.
La sua lunga ed appassionante storia nasce, infatti, già nel 1244 quando a Firenze giunge il frate domenicano Pietro da Verona per combattere l’eresia patarina che si stava affermando progressivamente in più ceti sociali.
Gli appassionati sermoni del frate danno vita ad una serie di iniziative fra le quali la fondazione di compagnie della fede con particolare devozione per la vergine Maria. In questo contesto si inserisce anche la nascita della Confraternita di Santa Maria della Misericordia votata ad operare verso i bisognosi le opere di evangelica misericordia.
Le prime notizie circa una sede stabile della confraternita fiorentina risalgono al 1321 quando, grazie ad una donazione, i fratelli acquistano una porzione di una casa di proprietà di Baldinuccio Adimari nell’omonimo vicolo.
Nel 1329 la Compagnia, attraverso una provvisione del Comune di Firenze che le permette di eleggersi propri “capitani”, diventa un’istituzione pubblicamente riconosciuta.
Dopo la peste del 1348, che vede il sodalizio in prima linea nell’opera di soccorso, i fratelli riescono ad ingrandire la loro sede dotandola di un oratorio e di una loggia affrescata e chiusa da eleganti inferriate in ferro (l’attuale Loggia del Bigallo).
Nel 1425 il governo fiorentino, per salvare la Compagnia del Bigallo prossima al fallimento, decreta l’unione di Bigallo e Misericordia creando scontento in entrambe le società. Infatti, qualche decennio più tardi, un nutrito gruppo di fratelli decide di staccarsi dal forzato sodalizio per dare vita, nel 1490, ad una “Nuova” Misericordia “più chalda nell’opere della misericordia et charità che mai fussi” (Statuti 1490). Ricominciare significa riformulare gli statuti ed individuare una nuova residenza, impresa di non facile realizzazione visto che i fratelli non intendendo allontanarsi da piazza Duomo. Pressati dalla necessità, decidono di prendere “a pigione” un locale dell’arte dei Corrazzai dove trasferire masserizie e oggetti di utilità immediata.
Nel 1498 una nuova ondata di peste si abbatte sulla città e il Comune chiede alla rinnovata Compagnia di collaborare nelle attività di soccorso alla popolazione. La “Nuova Misericordia” accetta e, oltre a prendersi carico della gestione dei lazzaretti, in particolare del nuovo “Lazzaretto di San Bastiano fuori le mura” (poi Montedomini), organizza servizi di sorveglianza dei “casi sospetti”, di sepoltura dei morti di “morbo”, della costruzione di capanne di legno come strutture di “isolamento” ed altro ancora.
Nel 1525 i fratelli della Compagnia lasciano le stanze locate, rivelatesi insufficienti anche per la mancanza di oratorio, e si trasferiscono nella vicina chiesa parrocchiale di S. Cristoforo degli Adimari loro concessa da papa Clemente VII. Lì i fratelli rimangono fino al 1576 anno in cui il granduca Francesco I de’ Medici, accogliendo una richiesta del neo-eletto provveditore Simone di
Nunziato Santini, assegna alla Compagnia dei locali in un palazzo di fronte al campanile di Giotto dove ancora oggi la Misericordia risiede.
Nella peste del 1630 i fratelli della Misericordia continuarono a trasportare i malati ed i sospetti nei lazzeretti e tanti furono i decessi anche fra i fratelli stessi, che la Misericordia per supplire alle gravi necessità del momento, fu costretta a valersi dell’aiuto di “stipendiati” per seppellire i tanti morti.
Nel 1785 il granduca di Toscana, Pietro Leopoldo di Lorena, in una generale opera di riforma dell’apparato politico e sociale, sopprime gran parte delle confraternite operanti sul territorio ritenute ormai inutili; non così per la Misericordia che rimane indispensabile suo interlocutore. Infatti, quando nel 1788 viene applicata la riforma ospedaliera che prevedeva la costruzione di nuove strutture sanitarie – dividendo gli spazi destinati agli ammalati da quelli destinati agli invalidi – il Granduca incarica i fratelli della Misericordia di trasportare i “pazienti dementi” – malati e disabili – dai vecchi “manicomi” alle nuove strutture.
Agli inizi dell’Ottocento, grazie ad una generosa eredità, nasce un servizio fondamentale per la città: quello delle “Nottate e mutature”. Si tratta di una forma di assistenza domiciliare per la quale i fratelli – e oggi anche le sorelle – volontari si recano presso la persona in difficoltà per soccorrerla fisicamente e psicologicamente fra le proprie mura domestiche.
Sia durante le guerre mondiali del Novecento come nella tragica alluvione del 1966, la Misericordia, nuovamente si trova impegnata nel soccorrere e prestare aiuto ed assistenza alla popolazione fiorentina.
La Compagnia nei secoli continua con la sua opera di ordinaria e straordinaria attività di soccorso socio sanitario, sia in forma autonoma che di concerto con le varie forme di governo che si sono susseguite nel tempo. Oltre a trasportare malati e feriti e seppellire defunti, opera per la quale più è conosciuta, la Compagnia si è dedicata nelle varie epoche anche ad incarichi più particolari quali l’assistenza ai condannati a morte, la visita ai detenuti, al servizio delle “mutature” (assistenza domiciliare), assistenza agli anziani e alle persone disabili, per non dimenticare gli interventi in ambito sportivo, religioso e culturale.
Con i suoi oltre sette secoli di vita è senza dubbio uno dei sodalizi volontaristici operanti nel campo della solidarietà più longevi della nostra storia.